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Ho trovato molto interessante e di alto valore scientifico il recentissimo lavoro di ricerca di Yueh-Chang Lee, Jen-Hung Wang e Cheng-Jen Chiu intitolato Effect of Orthokeratology on myopia progression: twelve-year results of a retrospective cohort study e pubblicato su BMC Ophtalmology a Dicembre 2017.
Nelle premesse del lavoro dei tre ricercatori asiatici si legge quanto segue:
La miopia è il disturbo refrattivo più comune, [1, 2] è anche una delle principali cause di disabilità visiva in tutto il mondo [3, 4]. La prevalenza della miopia varia geograficamente, ad esempio il 30% della popolazione in Australia [5] ed in Nord America [6], e fino all'85% della popolazione in Asia orientale, specialmente a Taiwan [7, 8]. Tra i pazienti miopi, la miopia elevata è particolarmente associata ad un aumentato rischio di patologie oculari [9, 10], aumento del carico socioeconomico [3, 4, 11, 12] e compromessa qualità della vita [13, 14]. Pertanto, la prevenzione della progressione della miopia è un importante problema di salute pubblica [8].
Sono stati sviluppati molti interventi per sopprimere la progressione della miopia, inclusi agenti farmaceutici (ad esempio atropina [15] e pirennzepina [16-18]), lenti bifocali [19, 20], lenti multifocali, [21, 22] controllo dell'aberrazione con lenti per occhiali [23] e lenti a contatto morbide e rigide gas permeabili [24-29]. L'atropina topica riduce la progressione della miopia e l'allungamento assiale nei bambini in modo dose-correlato. Tuttavia, è stato riportato che porta effetti avversi, come allergia, fotofobia e un fenomeno di rimbalzo che si verifica con dosi più elevate [30, 31].
Il concetto di ortocheratologia (ortho-k) fu introdotto per la prima volta negli anni '50 da Wesley e Jessen, descritto come una tecnica di rimodellamento corneale dopo aver indossato lenti a contatto rigide. Poiché i materiali delle lenti a contatto all’epoca disponibili erano a bassa permeabilità all’ossigeno, rendendo impossibile l'uso a lungo termine, l'ortocheratologia era considerata più una novità che una pratica percorribile in sicurezza. Successivamente negli anni '70, l’avvento delle lenti rigide gas permeabili migliorarono il comfort e la sicurezza consentendo una maggiore permeabilità all'ossigeno. Tuttavia, le lenti erano ancora incapaci di correggere efficacemente la miopia fino a quando non fu introdotta la prima lente a geometria inversa disegnata da Richard Wlodyga nel 1989, che migliorò la centratura della lente e la correzione della miopia da -1 diottrie (D) a -1.75 D. Fino ad arrivare ai giorni nostri, dove il miglioramento dell’ortocheratologia riguarda principalmente l'uso di materiali con valori Dk (permeabilità all’ossigeno) più elevati, il perfezionamento di diversi tipi di lenti a geometria inversa sempre più efficaci e rapidi nel produrre un sicuro e centrato modellamento epiteliale ed i progressi tecnologici nella topografia corneale [32].
Con la geometria inversa delle lenti a contatto per ortocheratologia, la lente modella la cornea di un occhio miope in forma di plateau. Queste lenti ortocheratologiche hanno una curva base centrale più piatta rispetto alla curva secondaria, quindi creano una pressione di spinta positiva contro la cornea centrale e una pressione di trazione negativa contro la cornea medio-periferica, ridistribuendo le cellule epiteliali verso la periferia centrale mentre appiattiscono la cornea centrale tramite assottigliamento dello strato epiteliale. Attraverso la cornea a forma di plateau, la luce sarebbe rifratta simultaneamente sulla retina e sulla macula medio-periferica, lasciando la retina periferica con relativa sfocatura miopica [33-35]. Si ritiene che il defocus ipermetropico periferico, spesso presente nei bambini miopi, favorisca la crescita assiale degli occhi. La manipolazione del defocus periferico verso la miopia (defocus miopico periferico) viene ipotizzata come strategia efficace per stabilizzare la crescita degli occhi e ridurre la progressione della miopia. Diversi studi hanno riportato la sua efficacia per il controllo della miopia rallentando l'allungamento assiale del bulbo oculare [36-38] ed è stato confermato in uno studio clinico randomizzato di due anni [39].
Le pubblicazioni scientifiche disponibili sull’ efficacia dell’ortocheratologia con follow-up più lungo di 3 anni sono poche, abbiamo a disposizione: uno studio prospettico di cinque anni che ha valutato l'efficacia dell’ortocheratologia ha mostrato un tasso di riduzione della progressione della refrazione manifesta negli occhi che correggevano la miopia con lenti a contatto ortho-k nei primi 3 anni di trattamento [40]; due studi retrospettivi che hanno confrontato bambini che utilizzavano lenti ortho-k con bambini che indossavano occhiali monofocali hanno mostrato un tasso di riduzione della progressione della refrazione manifesta negli occhi corretti con l’ortocheratologia notturna nell'arco di un periodo 8 anni [41, 42].
Lo studio retrospettivo oggetto di questo articolo si è posto come scopo quello di indagare se l'ortocheratologia notturna influenza il tasso di progressione dell'errore refrattivo manifesto dei miopi in un periodo di follow-up più lungo (fino a 12 anni). Inoltre, questo studio ha raccolto informazioni molto importanti relative alla sicurezza d’uso a lungo termine delle lenti a contatto ortocheratologiche notturne”.
Ma entriamo nel vivo dello studio retrospettivo di Yueh-Chang Lee et al. condotto su sessantasei (66) bambini in età scolare ai quali sono state applicate lenti a contatto per ortocheratologia notturna tra gennaio 1998 e dicembre 2013. A questo primo macro gruppo è stato affiancato un secondo gruppo di controllo composto da trentasei (36) soggetti con età ed entità del vizio refrattivo miopico analoga al gruppo primario corretto con lenti ortho-k. I bambini reclutati per lo studio sono stati seguiti almeno per 12 mesi e misurate: la refrazione manifesta, la refrazione in cicloplegia, l’acuità visiva naturale ed in correzione, l’entità dell’astigmatismo, i parametri di curvatura corneale e la frequenza di ricambio delle lenti a contatto ortho-k.
I risultati di questo studio si riferiscono a 203 occhi relativi a 66 soggetti corretti con ortocheratologia (31 maschi e 35 femmine) e 36 soggetti facenti parte del gruppo di controllo (22 maschi e 14 femmine). La loro età variava da 7 anni a 16 anni (media ± SE, 11,72 ± 0,18 anni). Il tempo di follow-up variava da 1 anno a 13 anni (media ± SE, 6,32 ± 0,15 anni). La loro miopia iniziale variava da -0,50 D a -8,00 D (media ± SE, -3,70 ± 0,12 D) e l'astigmatismo variava da 0 D a -3,00 D (media ± SE, -0,55 ± 0,05 D). Confrontando con il gruppo di controllo, il gruppo portatore di lenti a contatto per ortocheratologia ha avuto una tendenza significativamente inferiore (p <0,001) di peggioramento del vizio refrattivo durante i periodi di follow-up. In base ai risultati dell'analisi del modello GEE, è stato riscontrato che maggiore era l’entità dell'astigmatismo iniziale e più elevata è stata la progressione del difetto refrattivo durante gli anni di follow-up.
L'ortocheratologia oggi, rispetto ai dati iniziati a raccogliere 12 anni fa ed inclusi fino al 2013 in questo studio, è applicabile ad una più ampia gamma di popolazione con livelli più elevati di miopia e astigmatismo. L’evoluzione della geometria delle lenti a contatto per ortocheratologia è una fattore molto incoraggiante che può far presagire che in futuro i risultati saranno ancor più diffusi nella popolazione miope in giovane età.
Lo studio retrospettivo ha dimostrato che il trattamento con lenti a contatto per ortocheratologia è stato efficace nel rallentare la progressione della miopia per un periodo di trattamento di 12 anni e ha dimostrato un profilo di sicurezza clinicamente accettabile in una popolazione di pazienti di età compresa tra sette e sedici anni. L'età di inizio d’uso delle lenti ortho-k e l’entità della miopia iniziale non hanno avuto alcun effetto sulla progressione del vizio refrattivo miopico.
Bibliography
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Rose K, Harper R, Tromans C, et al. Quality of life in myopia. Br J Ophthalmol. 2000;84:1031–1034.
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